Padre Giorgio Callegari

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Padre ("Frei") Giorgio Callegari

Frei Giorgio Callegari nasce il 5 novembre 1936 in Venezia, nel popolare sestiere di Castello, nelle vicinanze della chiesa di San Giovanni e Paolo. Fino al 1965 ha vissuto e studiato in città, partecipando attivamente all'associazionismo cattolico ed alla attività politica cittadina. Si diploma presso il Liceo Marco Polo di Venezia, intenzionato a svolgere una attività giornalistica e manifestando un grande interesse per la letteratura e il teatro. Vuole però dare maggiore concretezza al suo impegno civile e religioso interessandosi ai grandi problemi dei popoli più poveri ed emarginati, con particolare attenzione a quelli dell'America Latina. Si avvicina così all'ordine dei Domenicani, diviene Novizio nel 1962, e dopo un periodo di studi di filosofia e teologia a Bologna e Torino, chiede ed ottiene di essere mandato in Brasile a proseguire nel convento Sant'Alberto Magno di San Paolo gli di teologia.

 Dal 1966 è quindi in Brasile, subito impegnato con i domenicani di San Paolo, nella attività di assistenza e di promozione umana a fianco dei più poveri ed emarginati: Sono gli anni in cui in Brasile si consolida la dittatura militare, e la repressione colpisce tutti i settori della società, ed in particolare chiunque lotti per l'emancipazione delle classi più povere ed emarginate, contro le profonde ingiustizie economiche e sociali e per il ritorno alla democrazia. Sono anche gli anni post-conciliari che animano i cristiani dell'America Latina nella ricerca di nuove strade verso la pace e la giustizia. I domenicani brasiliani pagano duramente il loro impegno religioso e sociale, e molti di essi, tra cui Padre Giorgio, sono perseguitati, incarcerati con l'accusa di “attività sovversiva” e torturati dalla polizia del regime. Dopo l'assoluzione e la liberazione dal carcere, padre Giorgio diviene un “sorvegliato speciale” con l'obbligo di non lasciare il Paese.

 In San Paolo, viene ordinato sacerdote il 12 dicembre 1971, dall'Arcivescovo Dom Paulo Evaristo Arns. Nonostante il suo stato di sorvegliato speciale, riesce nel 1972 a compiere un viaggio in Italia. Scoperto durante un nuovo tentativo di uscire dal Brasile, Padre Giorgio viene quindi espulso nel 1974 dal Paese, ma continua il suo impegno di evangelizzazione e promozione umana in America Latina operando in altri paesi: Bolivia, Perù, Nicaragua, Messico, Panama, Costarica, rientrando anche per brevi periodi clandestinamente in Brasile. (A fianco Frei Giorgio chiede solidarietà per il Nicaragua devastato dal dittatore Somoza).

L'Unità 20set79: Frei Giorgio e il Nicaragua.pdf

 Caduta la dittatura militare, Padre Giorgio può rientrare nel 1984 in Brasile. E' di nuovo in San Paolo, in una grande parrocchia, Nostra Signora Refugio dos Peccadores, che ha cura di oltre 100.000 persone, in gran parte abitanti in "favelas"; Dedicherà poi il suo impegno alle attività al Centro Ecumenico de Publicacoes e Estudios (CEPE), un centro promotore di attività socio-culturali, da lui stesso fondato e che diviene riferimento per le attività dei bambini delle favelas, dei “contadini senza terra”, dei giovani emarginati. Nello stesso anno inizia la costruzione della “Colonia Venezia” a Peruibe, una cittadina a 150 km da San Paolo sulle rive dell'Atlantico, e l'anno successivo, della “scuola Familia Agro Ecologica. In collaborazione con altre associazioni sviluppa e sostiene cinque "Centri dell Gioventù" nelle favelas di San Paolo, brevemente descritti in seguito. Dal giugno 1992 inizia la pubblicazione regolare della rivista mensile “Reves do Avesso” (Rovescio del Rovescio), uno strumento di informazione alternativo sui temi della società brasiliana, che è uscito per 10 anni con la collaborazione di molti giornalisti e studiosi dell'America Latina. Padre Giorgio è stato Presidente del CEPE fin dalla sua fondazione. Oltre alle concrete iniziative a favore dei bambini di strada, Padre Giorgio promuove, attraverso questo Centro, numerose altre attività di formazione e informazione anch'esse con l'obbiettivo di sostenere i diritti dei più poveri ed emarginati. Pur impegnato come Presidente del CEPE e nella gestione delle sue iniziative a favore dei bambini di strada, Padre Giorgio ha sempre vissuto nel Convento dei Domenicani, Parrocchia Sagrada Familia, Avenida Cursino 1915 in San Paolo, partecipando attivamente alla vita della sua comunità parrocchiale.

Ogni hanno torna in Italia e in Svizzera dove sono sorte varie associazioni e gruppi di sostegno delle sue iniziative brasiliane. Nel marzo del 2003 è per l'ultima volta in Italia e, a Venezia, partecipa ad un incontro-intervista con la stampa organizzato dalla Associazione Amici della Colonia Venezia sulle speranze del Brasile dopo l'elezione a Presidente di Lula. Il 3 aprile partecipa alla presentazione dell'Associazione Abaetè fondata dagli amici di Carabbia (Lugano).

Il 12 maggio 2003 viene improvvisamente operato per un grave tumore al cervello, e muore il 26 dicembre dello stesso anno nel suo convento, dopo avere serenamente trascorso il Natale circondato dall'affetto dei suoi confratelli, dei suoi amici brasiliani e italiani e dei suoi "meninos".

Il primo gennaio 2012 è stato pubblicato il libro La Rabbia e il Coraggio - Frei Giorgio Callegari. In cammino tra i popoli dell’America Latina, in Umberta Colella Tommasi racconta il percorso intellettuale, politico e spirituale di Frei Giorgio.

In occasione del decennale della morte di frei Giorgio Callegari è stato prodotto un cortometraggio intitolato "In ricordo di frei Giorgio Callegari" disponibile nella sezione video.


Un ricordo di Frei Giorgio, di Elza Ferriera Lobo, educatrice e giornalista (pubblicato in "lotta come Amore", dicembre 2004) 

Giorgio Callegari, nato a Venezia nel 1936, arrivò a San Paolo in Brasile nel 1965 e da allora si adoperò sempre per promuovere tutti i diritti di tutti

Ho conosciuto Giorgio nel decennio degli anni 60, quando, con gli studenti della PUC - Pontificia Università Cattolica - di San Paolo, stavamo provando "Morte e Vida Severina" di Joào CabraI de Meio Neto, mandato in scena l'11settembre del 1965 e che, nel 1966, conquistò il Gran Premio nel Festival Mondiale del Teatro Universitario, realizzato a Nancy in Francia; occasione in cui venne proiettata nello scenario internazionale la cultura brasiliana attraverso la denuncia della fame e della povertà, ben rappresentata dagli studenti.

Durante il 1965, prima del debutto di "Morte e Vida Severina" furono fatte diverse prove, nell' auditorio del Convento dei Domenicani, nel quartiere di Perdizes, mentre aspettavamo il termine della costruzione dell' auditorio Tibirica che, dopo il successo del gruppo teatrale, prese il nome di Teatro degli Universitari della Cattolica - TUCA.

Giorgio Callegari, nato a Venezia nel 1936, arrivò a San Paolo nel 1965 e fino ad allora aveva partecipato attivamente alla vita sociale e politica del nostro tempo...

Giorgio, diacono domenicano, è stato critico di cinema e giornalista prima di arrivare in Brasile. Assistendo ad una prova del gruppo teatrale, rimase affascinato dal testo di Joào CabraI, dalla musica di Chico Buarque e dal montaggio del nostro spettacolo con Roberto Freire, Silnei Siquera e José Armando Ferrara.

"Morte e Vida Severina fu considerato dal Centro Nazionale di Ricerca Scientifica francese uno degli spettacoli più importanti del secolo. Quindi Giorgio non si era sbagliato quando aveva assistito a quasi tutte le nostre prove e spettacoli.

Nel 1967 e 1968 al culmine del movimento studentesco, anche i religiosi parteciparono a tutte le manifestazioni degli studenti.

Il nostro spettacolo "O&A", senza testo, fatto solo di immagini e suoni, rappresentava molto bene il periodo che stavamo affrontando nel nostro paese, in cui veniva rafforzandosi la dittatura militare...

Ci sono nuovi percorsi per tutti, diversi cammini, clandestinità, repressione, ma ci ritroveremo con Giorgio all'interno del DOPS, il carcere dove quasi tutti i religiosi del convento dei Domenicani erano detenuti e venivano torturati. Nonostante questo, tentavamo attraverso le celebrazioni e nei rari incontri con i familiari di rendere noti fuori dal carcere i massacri perpetrati là dentro. Dopo un po' di tempo, fummo tutti trasferiti nel carcere Tiradentes e fu là che Giorgio iniziò lo sciopero della fame, che fu poi condiviso e praticato per solidarietà da tutti (ala femminile e maschile) al grido unanime: "Tutto l'appoggio a Callegari! Tutto l'appoggio a Callegari"...

Siamo rimasti senza ricevere nessuna visita per lungo tempo, isolati. Giogo fu di nuovo torturato e poi trasferito all'Ospedale Militare, ma il nostro obiettivo immediato, la denuncia, fu raggiunto...

Qualche tempo dopo, abbiamo assistito commossi, assieme a molti degli ex prigionieri politici, all'ordinazione di frei Giorgio Callegari, OP, cerimonia celebrata in una semplice chiesa parrocchiale della periferia di San Paolo. Un quartiere operaio, della zona sud della città, dove Giorgio iniziò, con l'appoggio dei parrocchiani e di molti suoi amici, varie attività: l'alfabetizzazione degli adulti, corsi di tagli e cucito, la coltivazione di orti collettivi per integrare l'alimentazione, ed un supporto scolastico per i bambini.

Giorgio fu ordinato da dom Paulo Evaristo Arns, nostro grande difensore dei diritti umani, al quale molti di noi debbono la vita...

Io penso che Giorgio fece suo, come pochi, il pensiero del missionario frei Bartolomeu de las Casas che ha scoperto l'America non nella maniera degli avidi conquistatori, ma l'America bella e nuova, che risplende nei volti degli indigeni, riconosciuti nella loro dignità e nella pienezza dei loro diritti.

La teologia di Las Casas, che ha individuato nella grazia e nella libertà una predisposizione universale e che ha cercato di unire "el hecho y el derecho" (il fatto e il diritto) adoperandosi per assicurare e promuovere tutti i diritti per tutti prendendo come base la natura umana e la dignità della persona, ha influenzato molto la personalità dell' amico Giorgio che a questo pensiero unì quello di José Martì nella ricerca della "Nossa America": egualitaria, giusta, solidale, libera e liberatrice.

Ed anche come frei Josaphat, teologo domenicano, che diresse il giornale "Brasil Urgente" durante gli anni 60 e che diceva: "lottare opponendosi ai colonialismi: politici, economici e culturali di ieri e di oggi". Giorgio unì a tutto questo la sua sensibilità nel capire l'altro, capendo se stesso; partendo dalla sua esperienza nell' Azione Cattolica, introdusse questa rilettura teologica di Las Casas, che assieme al suo vissuto quotidiano fece partecipe di questo la "Nossa America" nei suoi momenti più significativi...

In Perù, nella città di Arequipa, creò un Centro di Documentazione e Informazione che preparava notizie da trasmettere da Radio Santa Rosa, dei padri domenicani peruviani, così come aveva fatto anni prima in Brasile con la creazione del Centro Pastoral Vergueiro.

In Nicaragua, lavorò intensamente con Tomas Borge e Ernesto Cardenal, integrando la Missione Nicaraguese e percorrendo vari paesi europei allo scopo di divulgare la Rivoluzione Sandinista e raccogliere fondi per la ricostruzione del paese.

Nel suo cammino, acquisì la grinta del Che e partecipò a tutti gli incontri di solidarietà con Cuba. Visse intensamente tutti i momenti; era una persona inquieta, sempre in cerca di informazioni nuove. Si stava preparando a celebrare il 1 maggio 2003 a Cuba, quando il suo male cominciò a manifestarsi.

Il 5 maggio fu ricoverato all'ospedale e fu operato il 13 maggio. Morì la mattina del 26 dicembre: non poteva che essere così per chi, come lui, visse tanto intensamente il cristianesimo. Era un irriverente e un grande predicatore.

Durante tutta la sua infermità ci ha fatto conoscere una quantità di amici, italiani e brasiliani che oggi fanno parte di questa confraternita che è opera sua: il CEPE. Amico, fratello, compagno di tutte le ore: nelle messe, nei battesimi, nei matrimoni, nelle feste...

Nei riti dell'addio, com'era il suo desiderio fu cantato da tutti il canto di Violeta Parra "Gracias a la Vida"; ed il nostro inno, quello del prigioniero politico. "Nossa jangada vai sair pro mar... vou trabalhar, meu bem querer" (la nostra zattera sta per prendere il largo... vado a lavorare, mio amato bene).